Suonare (e cantare)

Da bambino e nella prima adolescenza ero stonatissimo. Non mi si poteva ascoltare, dicono. Del resto, non avevo mai studiato musica (a scuola o privatamente), mai preso parte a un coro, mai avuto tra le mani uno strumento (che non fosse un giocattolo).

Mia madre però possedeva una chitarra, alla quale era rimasta aggrappata dal tempo dei tempi un'unica corda, il mi cantino. Su quella sola corda iniziai un bel giorno a riprodurre le melodie dei jingle e delle canzoni più in voga. E di lì a poco (penso fosse il 1972 o 1973) formai un duo con un compagno di classe che invece suonicchiava decentemente: ci battezzammo I mercanti di schiavi, lui accompagnava e il mio mi cantino performava. Fu lui (se la memoria non mi inganna) a regalarmi le corde che mancavano e a insegnarmi gli accordi. La cosa singolare è che mi trovai subito interessato a produrre (e non a 'riprodurre') canzoni. La solita sindrome di Gurdulù. Ho vaghi ricordi (e poca documentazione sonora) delle prime che composi, scrivendo (ma di rado: ricorrevo preferibilmente a versi d'autore) anche i testi. So per certo che erano davvero terribili.

Le cose migliorarono un po' quando un altro compagno di liceo (bravo in italiano) iniziò a stendere testi che poi io mettevo in musica. I coetanei apprezzavano, anche se a distanza di tempo scoprii che in realtà il mio pseudo-Mogol aveva spacciato per sue poesie palestinesi e di qualche altra esotica tradizione lirica. Mi sono rimaste due audio-cassette: una (Canzoni d'autunno) è stata utilizzata da qualcuno per incidervi sopra un album di Aznavour (è dunque una cassetta palinsesto, solo che - a differenza del De Repubblica di Cicerone - il 'testo' più antico risulta del tutto occultato), l'altra (Ai confini del regno) è in discreta salute, e ne ho recuperato   

Dopo la maturità, mi misi in proprio. E cominciai a sfornare, una dopo l'altra, canzonette in serie; e a registrarle, usando due mangiacassette per poter fare le sovraincisioni vocali e strumentali (lascio immaginare la qualità sonora di quei nastri). Dando forma a veri e propri album, imitando il cantautorato allora di gran moda.  I titoli delle 'opere' erano pretenziosi: La casa dei versi. Sdrammatizzazione per voce e chitarra (1979). E poi: Alla corte del re. Favola musicale (1980), una vera e propria suite (ho sempre nutrito una certa passione per il genere). Sopravvive solo il nastro con la favola musicale, ma è in condizioni di coma profondissimo, restituisce ben poco di comprensibile 

Fui ingaggiato per esibizioni pubbliche in feste dell'Unità e della FGCI, per lo più in piazze di piccoli paesi. 

Nel 1985 entrai a far parte di una band: gli ART (Amici Riuniti Temporaneamente). C'eravamo io, Lorenzo Riccardi, Gianni Clemente, Elisabetta Verri, Rosario Napolitano (batteria), Ivano Grasselli (basso). Ci allenammo abbastanza seriamente, perché il nostro debutto pubblico era fissato al 26 o 27 luglio, nell'ambito della rassegna "Rocktown", a Vigevano. Poi, però, qualcuno di loro diede forfait e mi ritrovai da solo a presentare il mio repertorio, ma con la Washburn nuova di pacca (vedi più avanti); la performance fu registrata (male), e a riascoltarla si capisce benissimo che gli applausi arrivavano dal gruppo di amici presenti. A ogni modo, il culmine della mia carriera 'concertistica' va fissato al 14 luglio 1990, con la partecipazione a una "Rassegna di musica d'autore" andata in scena nella Piazza Ducale di Vigevano e patrocinata dal club Tenco (purtroppo, non vi è alcun documento sonoro). Con tutti quelli che salirono sul palco quella volta avevo trascorso lunghe serate negli anni precedenti: sere di strimpellate, abbuffate e risate.

Subito dopo la laurea avevo guadagnato un po' di quattrini traducendo dal francese un libro sulla storia delle stazioni termali in Belgio (già: da non credere), e acquistai a rate una Washburn semiacustica (eccola qua a sinistra, la zia), insieme a una tastiera che però dovetti restituire quasi subito per inadempienza contrattuale. Produssi altre musicassette, fino al 1992 o giù di lì, affittando i multitraccia e trovando qualche collaborazione tra amici strimpellatori. Quando ebbi la conferma nel ruolo di ricercatore universitario (1998) mi piovve addosso una montagna di arretrati, che furono in parte investiti in una bella chitarra classica, una Yamaha dinamica, e ovviamente un digital recorder (il Korg!). 

Cominciai a divertirmi sul serio. Produssi (e incisi: sempre amatorialmente, è ovvio) una raccolta di canzoni (Ballata di Ipazia) ispirata a (e con frammenti di testo tratti da) Le città invisibili di Italo Calvino. Scrissi ancora qualcosa, ma poco dopo i quarant'anni non ho più trovato la voglia o l'ispirazione di buttare giù testi e musiche. Anzi: abbandonai alla polvere per parecchio tempo strumenti e Korg, salvo riesumarli nel 2009 per ri-registrare (o digitalizzare) vecchi pezzi o incidere ad memoriam quelli che non avevo mai documentato, caricandoli su un server del provider Altervista: qui. Di questa operazione mi piace il titolo: Cento pagine all'ora sull'autostrada. Regalai il CD (in bella confezione, con libretto e testi accuratamente stampati) ad alcuni amici, ma non è che 'suonasse' meravigliosamente, diciamolo. 

Seguirono altri anni di 'silenzio'; dal 2014 ricominciai a trafficare, iniziando a comporre (sì, capisco, 'comporre' è eccessivo ma non trovo un sinonimo adeguato) brani solo strumentali, ma anche a riarrangiare un po' di canzoni dei tempi andati. Ho aperto un canale su YouTube e un profilo su SoundCloud, tutto ormai è diventato più facile. Fingendo di fare delle cose serie ho virtualmente assemblato i pezzi due o tre volte; ho azzardato persino una video-suite (Night Star) e poi una raccolta di video-storie musicali succedanea ai racconti di calcio già pubblicati: Lost Football Times.

Ho pensionato la Washburn e acquistato una Guild, portato in cantina il Korg (insieme al Tascam US122L, un interfaccia utile per trasferire al computer le tracce incise sull'antiquato Korg) sostituendolo con un inutile Tascam, cambiato la tastiera (ora ho una Yamaha più 'moderna', con un suono di piano decente), mi sono regalato un magnifico microfono USB (si trovano tutti qui), e continuo a strimpellare cercando di dare una forma accettabile alla musica che mi nasce nella testa.

Insomma, una lunga vicenda. Non ho rimpianti (avevo già un mestiere, e più che soddisfacente), salvo (forse) quello di non avere studiato seriamente almeno uno strumento: ma solo perché a saper fare meglio le cose ci si diverte indubbiamente di più.

PRESTO I LINK A CANZONI E BRANI STRUMENTALI

Compagni di avventura: Luigi Di Noi, Pietro Larceri, Bruno Ansani, Massimo Nizzoli, Gerardo Galantucci, Roberto Peraro, Elisabetta Verri, Ivano Grasselli, Gianni Clemente, Rosario Napolitano, Lorenzo Riccardi, Max Manfredi, Mario Mantovani, Francesca Santoni.