Verso la pensione

Dopo i 55 anni, da un lato, chi fa questo mestiere è consapevole di poter maneggiare il proprio materiale con capacità di analisi ormai sufficientemente raffinate. Dall'altro, se l'esercizio di qualche forma di potere accademico non è considerato un obiettivo da conseguire, ci si chiude nei propri pensieri; ci si dimette da qualsiasi incarico importante accettandone qualcuno (apparentemente) meno impegnativo, si comincia a dire e a pensare che le cose universitarie stanno peggiorando, che un tempo tutto aveva più senso. Si invidiano i colleghi più anziani, che sono già fuori. Ci si congratula con quelli che escono per raggiunti limiti di età ("beato te!"), ma in fondo si continua a fare le proprie cose, selezionando però temi e occasioni. Fra l'altro, non si ha più tanta voglia di andare in giro per convegni e per archivi e biblioteche (soprattutto per la fatica fisica); inoltre, per studiare, molto di quel che serve si trova ormai in rete (non tutto: e capita talora di fare spese considerevoli su Amazon e su eBay), e molto era stato fotocopiato negli anni ruggenti. 

Ehi, ma quella non è la mano di Boccaccio?
Le energie migliori vengono spese nelle lezioni (in aula o - durante e qualche volta dopo i picchi pandemici - in streaming), nel tentativo di appassionare qualche studente a discipline destinate (forse: naturalmente invecchiando fa capolino anche il pessimismo) a diventare sempre più marginali.

Insomma, si attende (più o meno) serenamente il 'collocamento a riposo'. Che è fissato, per me, al primo di ottobre del 2028.